Vivere grandi avventure in mondi fantastici, impersonare potenti eroi che combattono per il destino del loro mondo: per molti il gioco di ruolo è principalmente questo. Ma a volte nascono progetti che hanno un fine diverso: è il caso de L’Ultimo Bianco, opera di Matteo Sanfilippo, che si pone un obiettivo ben preciso.
In questo gioco dal regolamento estremamente semplice troverete qualcosa di molto diverso dal classico GDR e, se saprete cogliere gli spunti di riflessione che il gioco vi propone, potreste uscirne arricchiti.
L’Ultimo Bianco: alla ricerca del Re dei Ghiacci
I personaggi de L’Ultimo Bianco si ritroveranno, per i più disparati motivi, sulle tracce dell’ultimo orso polare rimasto sul pianeta. L’ambientazione di questo gioco non è altro che il nostro mondo: uno scenario, non poi così distante dalla realtà, in cui i grandi orsi bianchi, a causa del grave inquinamento e dello scioglimento dei ghiacciai, sono completamente estinti, se non per un singolo esemplare.
Seguirne le tracce sarà un’esperienza che cambierà i personaggi, in un modo o nell’altro. Chi sono? Cosa li spinge a cercarlo? Cosa faranno quando lo troveranno? Trovare una risposta a queste domande è parte dell’esperienza di gioco, mentre scena dopo scena i personaggi acquisiscono un’identità sempre più forte.

L’Ultimo Bianco: il sistema di gioco
Il sistema di gioco de L’Ultimo Bianco è estremamente immediato: non c’è un master e per giocare basta un mazzo di carte francesi. Si crea il proprio personaggio scegliendo da alcuni semplici archetipi.
Gli si dà un nome e un background rispondendo ad alcune brevi domande presenti sulla scheda riguardo ai motivi che spingono il personaggio ad avventurarsi tra i ghiacci perenni del polo. Queste domande danno ai giocatori ottimi spunti per narrare le scene del viaggio che verrà intrapreso durante la partita.
Una volta iniziato il gioco vero e proprio, i giocatori narreranno a turno le scene della loro ricerca basandosi sull’estrazione di una carta dal mazzo. In base al seme della carta estratta cambierà il tipo di approccio alla scena, in particolare se essa sarà risolta con aggressività, coraggio, sensibilità o diplomazia.
Alla fine di ogni turno il giocatore dovrà aggiungere un dettaglio alla descrizione del proprio personaggio e rispondere ad una delle domande poste dal proprio archetipo.
Questa costruzione progressiva dell’identità del personaggio, parallela alla partita, si intreccia alla narrazione della ricerca, permettendo ai giocatori di dare profondità all’individuo che stanno interpretando.
Ogni personaggio parte con 30 punti ricerca, a cui andrà sottratto il valore delle carte che vengono estratte. Quando i punti ricerca vengono esauriti, il viaggio termina. Il giocatore dovrà narrare cosa ha fatto abbandonare la ricerca al personaggio e in che modo l’esperienza lo ha cambiato.
In ogni caso, il viaggio di tutti termina con l’estrazione della settima carta.
Solo chi durante la partita pescherà almeno tre Re conoscerà le sorti dell’Ultimo Bianco.

Giocare per pensare
L’Ultimo Bianco è un titolo che propone un’esperienza di gioco alternativa al classico GDR, lasciando ampio spazio alle emozioni e all’introspezione: la commozione per il triste destino del Re delle nevi è sempre dietro l’angolo. Ed è forse questo il vero focus dell’opera: usare il gioco come strumento per far riflettere su qualcosa che ci tocca tutti da vicino.
Purtroppo il mondo in cui vive l’Ultimo Bianco è anche quello in cui viviamo noi. Non è un’ambientazione fantasy quella in cui la specie dominante sta distruggendo l’ecosistema del pianeta su cui vive: è la nostra realtà. E forse il giorno in cui degli esploratori si avventureranno alla ricerca dell’ultimo esemplare di una specie tanto magnifica non è lontano quanto ci piacerebbe pensare.
“Un giorno, mi imbatto in un’immagine che mi tocca tantissimo. Un maestoso orso bianco che fruga tra i rifiuti, magro, ferito, affamato. La neve che dovrebbe circondarlo non c’è. Al suo posto, dura roccia e chiazze d’erba bruciata. Si accorge di chi lo sta riprendendo e guarda verso l’obiettivo, con uno sguardo che trasmette tanta tristezza da riempirmi gli occhi di lacrime, che cadono per il Re dei Ghiacci. Un re che di regale non ha più nulla, la carcassa di ciò che era, una corona spezzata, persa in un ambiente che sta cambiando, che non offre riparo né cibo. Un regno che è sempre più dell’uomo e sempre meno di chi lo abitava quando l’aurora boreale era lontana dallo sguardo della civiltà.”
Matteo Sanfilippo, autore de L’Ultimo Bianco
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