Di recente, mentre ripensavo ai miei anni da giocatore di ruolo ho avuto una grossa realizzazione su uno degli elementi più ricorrenti in assoluto delle narrazioni che creiamo tramite i nostri personaggi.
Nello specifico, ho realizzato che non ho mai giocato una campagna o oneshot in cui almeno uno dei personaggi avesse una famiglia normale.
Probabilmente questo fattore lo davi per scontato, come lo davo per scontato io.
In un certo senso si può dire che il passato travagliato dei nostri personaggi (spesso legato alla famiglia) è il motore immobile delle avventure che il gioco di ruolo ci fa vivere.
A questo punto, però, una domanda sorge spontanea: perché sono le cose brutte che molto più spesso di quelle belle spingono i nostri personaggi all’avventura? Premesso che non ho una risposta scientifica a questa domanda, credo comunque che si possano sviluppare riflessioni interessanti attorno questo argomento.
La ricerca
Per prima cosa, i nostri personaggi sono spesso alla ricerca di qualcosa. Chi cerca vendetta, chi cerca potere, chi conoscenze e chi invece cerca semplicemente qualcuno.
Anche questo aspetto può sembrare scontato, ma la ricerca presuppone una mancanza e questa mancanza è sempre insita nel passato dei nostri eroi, nonostante abbia una ripercussione sul loro presente.
Una persona a cui non manca nulla perché dovrebbe scomodarsi di partire all’avventura sconfiggendo mostri e divinità e mettendo a rischio la propria vita?
La risposta potrebbe essere che c’è una minaccia apocalittica alle porta del mondo (quindi qualcosa che riguarda tutti), ma non basterebbe a spiegare la differenza tra “un eroe” e una persona molto potente.
Gli eroi non si limitano ad essere forti, ma sono anche spinti all’azione e questo è perfettamente riflesso nella nostra realtà quotidiana. Quante persone lottano davvero per il clima, le ingiustizie, i diritti universali e via dicendo? Te lo dico io: poche, anche se questi argomenti riguardano tutti.
E spesso quelle poche persone sono anche le più “sensibili” ai temi in questione e, metaforicamente parlando, nulla è più sensibile di una ferita aperta che spesso è causata da un’assenza o una mancanza, o ne è la causa. Per esempio, un genitore disperso in seguito ad un disastro naturale, o il desiderio di ritrovare la pace dopo una condanna ingiusta.
La sensibilità
La sensibilità è un concetto relativo. Essere sensibili vuol dire avere un’attitudine a risentire in modo intenso gli effetti di alcuni stimoli (emotivi e fisici).
Questo concetto è relativo al tipo di stimoli, ovviamente. Per esempio, si può essere molto sensibili alla violenza, ma poco sensibili all’affetto verso (e dalle) altre persone.
Tornando alla domanda iniziale di questo articolo, la sensibilità può essere un altro elemento importante della nostra riflessione. Spesso sono gli eventi negativi, soprattutto quelli più duri, che ci segnano a vita.
Questo fa parte dell’evoluzione umana, poiché per sopravvivere è necessario saper riconoscere gli stimoli negativi ed evitarli. Per questo motivo, le cose negative ci segnano profondamente incrementando la nostra sensibilità a questo tipo di stimoli.
Inoltre, i nostri personaggi, per quanto raramente siano umani, ovviamente sono frutto delle nostre “forme a priori” (giusto per citare Kant). In altre parole, ci somigliano nel modo di ragionare perché figli di menti umane.
Per questa ragione sono spesso avvenimenti tragici a muovere i nostri eroi, i quali sono molto più propensi all’azione perché più sensibili verso temi che li riguardano profondamente.
Ci viene molto difficile immaginare di un elfo mago con una vita magnifica che si spinge alle porte della tana di Xanathar per fargli il culo.
Xanathar è malvagio per tutti, ma questa non è una ragione valida per rischiare la vita affrontandolo, a meno che non si è sensibili all’argomento per qualche motivo e a prescindere da quanto siamo consapevoli di questo motivo.
La famiglia e i legami
Ma quindi basta una tragedia per farci venire voglia di picchiare un occhio con qualche tentacolo di troppo? Ovviamente no.
Fin qui ho parlato di ricerca e di sensibilità, ma c’è un ingrediente segreto che sta dietro il 99% dei nostri background e che ha uno spazio dedicato nella scheda stessa dei nostri personaggi (almeno in D&D 5e).
Mi riferisco ai legami e, quindi, anche alla famiglia. Gli avvenimenti negativi hanno spesso a che vedere con altre persone e ti basterà ripensare a ciò che ha reso il tuo personaggio tale per realizzare ciò che sto dicendo.
Qualcuno potrebbe dire che è ovvio: se succede qualcosa di tragico e siamo ancora vivi per raccontarlo, evidentemente è perché qualcun altro non lo è più.
Questo è certamente vero, ed è effettivamente vero anche il fatto che i nostri personaggi sono spesso i soggetti dei traumi, ma non degli eventi traumatici. In altre parole, assistere alla morte di qualcuno non ci rende i protagonisti dell’evento, ma delle conseguenze di quest’ultimo.
Quando si parla di accadimenti negativi, però, si fa riferimento anche alla relazione stessa che il nostro personaggio ha con gli altri, che questi muoiano o meno.
Dopotutto, una relazione tossica con una persona o la propria famiglia può influenzare di moltissimo il comportamento e le intenzioni del nostro eroe.
È per questo motivo che dietro le azioni del nostro alter ego c’è spesso una famiglia disagiata, l’essere orfano, o l’essere stato abbandonato di fronte qualche monastero. Ma proviamo a scavare ancora più a fondo.
Le motivazioni
Perché l’assenza di qualcosa, una relazione tossica o un evento traumatico spingono i nostri personaggi a seguire percorsi mortali e fuori di testa?
A parere mio si tratta di equilibrio. Tutto quello che ho citato fino ad ora ha a che vedere con una situazione di squilibrio.
La ricerca presuppone una perdita, o un vuoto da colmare. Questo vuoto può essere legato ad una persona, ma è pur sempre un vuoto e deve essere riempito in qualche modo (terapia o omicidio dipende dal personaggio).
La sensibilità ci spinge a cercare di godere degli effetti positivi di certi stimoli. Se ci piace la natura vogliamo vedere gli uccellini cinguettare, non i boschi in fiamme. Per questo motivo cercheremo di eliminare gli stimoli negativi, qualsiasi cosa questo comporti.
I legami, infine, danno senso alla nostra esistenza. Legami tossici, inesistenti, travagliati, ci fanno sentire una mancanza che si riconduce alla ricerca, o ci danno emozioni forti che si riconducono alla sensibilità.
Adesso immagina di essere un equilibrista con un bastone in mano e che cammina su una corda tesa. Un forte slancio a destra ti porterà a cercare un forte slancio a sinistra per non cadere e via dicendo.
Se invece sei in equilibrio, gli slanci saranno molto meno forti e ti limiterai a piccoli piegamenti del bastone a destra e sinistra.
Una personalità equilibrata, come nella metafora, godrà della propria quotidianità senza bisogno di grossi slanci (tipo muovere guerra a Xanathar). Al contrario, una personalità squilibrata sarà propensa a seguire corsi d’azione più rischiosi e avventurosi, che sia per risolvere un trauma o solamente per godere di forti emozioni.
Manca ancora un tassello per concludere questa riflessione.
La fantasia non può superare se stessa
Nei vari giochi di ruolo fantasy ogni personaggio appartiene ad una razza che ha dei tratti razziali definiti a priori. Però, per quanto si possa evadere dalla realtà sfruttando la fantasia, non esiste una razza o una creatura che non si riconduca al raziocino umano.
Come ho detto prima, riconduciamo tutto alle nostre “forme a priori”, al nostro modo di ragionare. Il motivo è che la fantasia non può superare se stessa.
Noi non siamo in grado di accettare alcun tipo di tratto razziale assegnato a priori. Un ragionamento del genere va contro la nostra stessa natura, motivo per cui cercheremo sempre un orco che sia calmo e intelligente, o un drago cromatico buono.
In alternativa, cercheremo di giustificare il perché un orco sia caotico, o un drago rosso sia malvagio e spesso per farlo rivanghiamo nel passato.
Quante volte ti è capitato di incontrare una creatura e provare a farla ragionare? Questo succede perché per noi tutto è riconducibile ad una logica di “causa ed effetto”, per cui se sei malvagio deve esserti successo qualcosa o devi avere un motivo.
Secondo questa logica, i nostri personaggi conservano le loro motivazioni nel loro passato e questo passato deve essere capace di giustificare azioni e gesta estreme.
È per questa ragione che i nostri personaggi hanno famiglie disastrate e passati travagliati, perché serve qualcosa di molto negativo per fare qualcosa di estremo (possibilmente positivo) e ristabilire l’equilibrio.
O in alternativa, serve qualcosa di molto negativo per diventare noi stessi malvagi. Lo diceva Batman, no?
L’altra alternativa è l’istinto.
Un leone avrà sempre l’istinto di sbranarti. Ugualmente si può ragionare per le razze e per i personaggi.
Istinto, razionalità e giustificazioni
Ci sono due grossi punti da sottolineare di quest’ultimo ragionamento.
Il primo è che l’istinto è pur sempre una “causa”. In altre parole, è ciò che causa i comportamenti che avvengono per istinto, appunto.
Il secondo è che l’intelligenza si scontra con l’istinto e se ci pensi un drago cromatico è si malvagio, ma è anche molto intelligente.
Quella che sto per dire è una semplificazione, ma in grandi linee per noi “intelligente” significa saper ragionare per cause ed effetto, o comunque essere in grado di imporre la razionalità all’istinto quando serve.
Quindi una creatura intelligente, se è malvagia, lo è perché non sta bene mentalmente, o per qualche ragione specifica. Insomma, tenderemo sempre a trovare una giustificazione a tutto. Proprio per andare in contro a questa nostra tendenza, ci serve trovare una coerenza interna al mondo di gioco.
Renderemo stupide le creature “ingiustificatamente” malvagie, o troveremo delle motivazioni di altro tipo, o banalmente ci incazzeremo perché avremo al tavolo dei personaggi edgy ingiustificati.
Riflessioni conclusive
Quindi, perché scegliamo dei passati travagliati e dei legami tossici con la propria famiglia nel creare i nostri personaggi?
Lo facciamo perché sono le cose negative a creare degli squilibri nella nostra vita di tutti i giorni e tendiamo a proiettare questa tendenza anche in gioco. Inoltre, sono le conseguenze degli squilibri o la ricerca di equilibrio a motivare azioni pericolose, eroiche, assurde o criminali.
Per queste ragioni, difficilmente troveremo al tavolo un personaggio super equilibrato e senza motivazioni profonde (e spesso negative).
Per concludere, ci tengo a citare un tipo di relazione di cui non ho parlato fino ad ora, ossia quella che intercorre tra personaggi e divinità.
Queste relazioni sono spesso dei mezzi per colmare l’assenza di senso della propria esistenza spingendo chierici e paladini ad agire in avventure pericolosissime e sconsiderate e a mostrarsi più equilibrati di altri personaggi.
Insomma, ancora una volta si può ricondurre tutto a ricerca, sensibilità e legami.
Spero che questo articolo ti sia piaciuto e ti abbia dato degli spunti per la costruzione consapevole del tuo prossimo personaggio. Se vuoi altre riflessioni proponimi un argomento sulla pagina Instagram o Facebook!